Rassegna Stampa

Diamo in queste pagine spazio agli articoli che, dal giorno del ritrovamento di Fuscello, sono stati pubblicati da "Il Messaggero" e da "Il Tempo" (citati in doveroso ordine alfabetico).

Purtroppo una testata che si occupa di cronaca locale come "Libero" ha deciso di rendere a pagamento il servizio di consultazione on-line: e noi, che "viviamo" del nostro, non ne possiamo usufruire. Altre non hanno pagine in rete.

Noi riteniamo che un popolo che si professi civile debba avere la forza di giudicare serenamente e, soprattutto, di giudicarsi.

Chiunque voglia fornire il proprio contributo è benvenuto; si richiede solamente sincerità e,sopra ogni cosa, civiltà.

redazione@leonessa.org

 

 

Ossa umane fra le rovine del castello   (da "Il Tempo" sabato 28 agosto 2004)

 

LEONESSA La scoperta è stata fatta durante un rilevamento topografico in corso a Fuscello


PASQUALOTTO



DOVEVA essere un lavoro di routine, di quelli che al Museo civico di Leonessa si fanno regolarmente. Erano partiti in tre per fare un rilevamento topografico delle rovine dell'antico castello di Fuscello a Leonessa anteriore al 1200 e forse dell'Ordine templare, ma la scoperta è stata un'altra: dalla terra sono emersi alcuni resti umani di almeno due giovani, ma probabilmente le ossa di altri due uomini andranno a completare il mosaico della scoperta.
Dai primi accertamenti è emerso che forse quelle ossa appartengono ai caduti in una strage di cui tutti, nel paesino di Leonessa, hanno memoria o hanno sentito parlare.
Una strage che risale al 10 marzo 1944 quando vennero fucilati quattro soldati nella seconda Guerra Mondiale. Di questo episodio e della annotazione dei dispersi c'è traccia nell'archivio dei carabinieri a Leonessa. Si tratta dell'allievo milite gnr Felice Degli, dell'allievo milite gnr Attilio Corretti e degli agenti di pubblica sicurezza Vincenzo Francescucci e Alberto Guadagnoli. «Le ossa affioravano quasi dal terreno, reso particolarmente friabile dalle numerose pioggie di questa primavera - ha spiegato la scoperta il professor Mario Polia direttore da tre anni del Museo civico leonessano e a capo della spedizione insieme al dottor Pietro Cappellari ed a una studiosa - allo scoperto sono venute le estremità degli arti inferiori. C'è un corpo che dal bacino in giù è praticamente intatto, mentre dell'altro i resti sono sparsi. Esistono anche in una parete le cavità delle pallottole e i resti di propriettili di grosso calibro. Ho provveduto ad avvisare i carabinieri che hanno avviato le indagini e il sindaco. Abbiamo notizia di questi quattro giovani soldati catturati a Poggio Bustone e fucilati nel vallone tra Leonessa e Morro Reatino. Uno di loro aveva sicuramente meno di 20 anni di età».
A risolvere il difficile enigma ha contribuito il dottor Cappellari nel suo ulteriore ruolo di ricercatore di Fondazione della Rsi-Istituto Storico, che lo ha visto impegnato proprio in questi mesi su uno studio sulla guerra civile sull'Appennino umbro-laziale. I resti umani ritrovati a Leonessa sono stati portati al magistrato della Procura reatina per le indagini ed un fasciocolo d'inchiesta è stato aperto. Si ipotizzano i reati di strage, vilipendio ed occultamento di cadaveri.

  

 

Leonessa. Scoperta da alcuni studiosi una fossa comune fatta risalire alla seconda guerra mondiale 

 

Ossa umane sepolte nel castello

 

 (Da "il Messaggero" 28 agosto 2004)

 

L’ipotesi: appartengono a quattro soldati sabini uccisi dai nazisti

 

 

 

di RENATO RETINI


Potrebbe trattarsi di una fossa comune, dove magari furono gettati i corpi di alcuni soldati uccisi durante la seconda guerra mondiale. Un evento riconducibile alle stragi naziste che insanguinarono diverse zone del Reatino negli anni 1943-44? E’ questa una delle ipotesi avanzate dopo il ritrovamento di alcune ossa umane, avvenuto nei pressi delle rovine del castello di Fuscello di
Leonessa, da parte dei componenti di una missione archeologica, organizzata dal Museo Demoantropologico di Leonessa, guidata dal professor Mario Polia e dal dottor Pietro Cappellari.
Effettuando una serie di controlli lungo l’intera area, il gruppo ha potuto constatare la presenza di una presunta fossa comune, una considerazione che nasce dal buono stato di conservazione in cui si trovano una parte dei resti che fanno escludere una loro origine medioevale.
Il luogo, infatti, fu abbandonato nel quindicesimno secolo e da allora, secondo le testimonianze storiche, nessuna comunità ha più vissuto in quelle zone dove la natura montana ha ripreso il sopravvento.
Più verosimilmente, le ossa potrebbero risalire a 50-60 anni fa. Se questo fosse confermato dagli accertamenti medico legali che saranno disposti dal magistrato, la vicenda potrebbe quindi collegarsi alla seconda guerra mondiale e, in particolar modo, agli anni 1943-1944 quando i soldati tedeschi compirono diverse stragi nel Reatino. Tuttavia mai nessuno avrebbe denunciato la scomparsa di persone in quel periodo: i caduti e le vittime di quegli anni avrebbero avuto una qualche sepoltura fatta eccezione per quattro giovani appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana (Rsi) catturati a Poggio Bustone.
I loro nomi sono: l'allievo milite Gnr Felice Degli, l'allievo milite Gnr Attilio Corretti, l'agente di Ps Vincenzo Francescucci e l'agente di Ps Alberto Guadagnoli. I quattro, condotti nel vallone che collega Morro Reatino a
Leonessa sarebbero stati fucilati ed il loro corpi in effetti non sono mai stati ritrovati. Questa mattina, nell' auditorium Santa Lucia di Leonessa, è in programma una conferenza stampa nel corso della quale l'amministrazione comunale di Leonessa e gli autori del ritrovamento renderanno noti i particolari della scoperta.
Un contributo alla soluzione del problema è stato proprio il dottor Cappellari nel suo specifico ruolo di ricercatore di Fondazione della Rsi-Istituto Storico, che lo ha visto impegnato proprio in questi mesi su uno studio sulla guerra civile sull'Appennino umbro-laziale.
Comunque, dopo il ritrovamento, sono stati avvertiti i carabinieri di
Leonessa che hanno trasmesso un’informativa alla Procura di Rieti che ha disposto, come primo atto, il sequestro dei resti e dell'intera area dove sono contenuti. I reati ipotizzati nel fascicolo aperto contro ignoti sono di strage, vilipendio ed occultamento di cadaveri.

 

A Leonessa gli archeologici hanno illustrato i particolari sul ritrovamento della ossa

Nessun dubbio sui resti umani

 (Da "il Messaggero" 29 agosto 2004)

La fossa comune era vicino a un muro crivellato di proiettili

 

di FRANCESCO CHIARETTI


Oltre all'indagine della Procura di Rieti, ci sarà anche un nucleo d'inchiesta nominato dal Comune di
Leonessa
a studiare il caso del ritrovamento delle ossa umane nei pressi delle rovine del Castello di Fuscello. E' stato annunciato ieri alla conferenza che gli archeologi autori del ritrovamento, Mario Polia e Pietro Cappellari, hanno tenuto per rendere noti i dettagli dell'episodio.
«Per il momento non si può certo dire con certezza di chi sono i corpi e chi sono i responsabili della presunta strage - ha spiegato Cappellari storico del periodo in esame - ma è sicuro che ci sono dei fatti provati: le ossa sono di circa 50 anni fa come classificato dal grande archeologo Polia; il sito è abbandonato da sei secoli; 10 centimetri a monte degli scheletri c'è un muro che risulta crivellato di colpi di mitragliatrice di grosso calibro come è stato anche accertato dagli inquirenti; tutto quindi fa pensare ad un eccidio e ad una sepoltura molto superficiale».
Dai fatti documentati si passa alle ipotesi ed alle indagini che dovranno accertare, se possibile dopo mezzo secolo, come si sono svolti i fatti e se ci sono dei responsabili. «A questo riguardo ci sono delle ipotesi documentate che riportano alla Storia Civile - spiega ancora Cappellari - esiste una relazione dei Carabinieri del 1946, come anche all'Archivio di Stato di Roma e agli atti del processo di Marciano, nella quale si dice che nel vallone tra
Leonessa e Morro sono stati inumati corpi di quattro fascisti della Repubblica Sociale Italiana catturati dai partigiani a Poggio Bustone e dei quali non si è saputo più nulla; gli scheletri ritrovati sono completamente privi di abiti e suppellettili e questo fa ipotizzare il tipico modo di seppellire dei partigiani; ma ripeto, queste sono solo ipotesi che le indagini dovranno confermare o rigettare».
Ma questa ipotesi è stata contestata da alcuni presenti alla conferenza che hanno obiettato che non si può riscrivere la storia sulle stragi e sui martiri
leonessani dei Nazifascisti. La replica è arrivata dal consigliere comunale Paolo Trancassini. «Noi non vogliamo fare strumentalizzazioni politiche, né riscrivere la storia - ha spiegato l'ex sindaco - ma chiarire i fatti, dare un nome a questi poveri corpi, trovare i responsabili della strage e fare chiarezza su questa vicenda anche per dare una degna sepoltura ai resti ossei trovati; ma il tutto con estrema cautela senza accusare, né colpevolizzare nessuno prima che le indagini avranno fatto chiarezza. Proprio per questo il Comune si è nominato parte in causa e nominerà un collegio di volontari che seguirà il caso per far sì che le indagini non si fermino all'età delle ossa, ma arrivino fino ai giorni nostri».
Cappellari ha annunciato infine che il caso arriverà anche al Parlamento Europeo e al Tribunale Internazionale da parte del parlamentare europeo e segretario nazionale della Fiamma Tricolore Luca Romagnoli che ha chiesto anche di riaprire le indagini sulle stragi avvenute nelle province di Rieti, Terni e Perugia.

 

Martedì 31 Agosto 2004    (Il "Messaggero")  
   
  ECCIDIO DI LEONESSA
  Lorenzetti: «Attenti ad assegnare responsabilità»
   
 
  Riceviamo e pubblichiamo .
di ROBERTO LORENZETTI


«Calma camerati, calma. Si ritrovano ossa umane a Leonessa e già avete deciso, che si tratta di esponenti della Rsi uccisi dai partigiani. Basta ritrovare di resti umani per farvi scattare in piedi e puntare l'indice contro la storia, tanto che avete annunciato di interessare il parlamento europeo, di chiedere al riapertura delle indagini e cosi via. Calma, camerati calma. Di recente sono stati aperti gli archivi tedeschi dove sono conservati rapporti, documenti che provengono dalla burocrazia delle Ss e della Wermacht, quindi speriamo attendibili anche per i neofascisti di casa nostra tanto affamati di revisionismo. In un documento si legge come tra il 29 marzo e il 5 aprile 1944 al comando dell' Armeeoberkommando, si tenne una operazione di rastrellamento nell'area Norcia, Leonessa, Poggio Bustone, Rivodutri, Morro Reatino. Vi presero parte Panzer-Regiment-Stab; Panzer-Aufklärungs-Abteilung; Panzer-Aufklärungs-Abteilung; Panzer-Abteilung; Brandenburg; SS-Polizei-Regiment; Alarmeinheiten; Armeeoberkommando; Alarmeinheiten della Platzkommandantur Rieti e da esponenti della Repubblica Sociale. Risultati annotati: 2 morti e 4 feriti nelle file nazi-fasciste, 296 morti e 698 prigionieri nelle file partigiane e dei civili, compresi bambini. Calma camerati, calma. E' più facile che quelle ossa appartengano ai 296 massacrati dai nazifascisti, che a repubblichini uccisi dai partigiani. Se dovesse essere il contrario, quelle ossa sarebbero il frutto di qualche azione di difesa contro tanta barbarie. Dagli archivi tedeschi emergono dati chiari. Il 28 dicembre ’43 la Wermacht fucilò 2 persone a Leonessa, il 24 giugno altre 2 vengono trucidate tra Morro e Leonessa, lo stesso giorno una divisione Ss, paracadutisti "Hermann Goering ,HG- Wermacht, fucilano 6 persone, sempre nei pressi di Leonessa, sempre lo stesso giorno la Ghestapo ne trucida 12 a Cumulata, il 7 aprile ’44 Ss, Ghestapo e membri della RSI, ne trucidano 26, sempre a Leonessa. Calma camerati, calma.
La storia è cosa seria, e i morti sono sempre tutti uguali, ma diverse, sempre diverse, sono le idee per cui sono morti. La questione di
Leonessa è stata presentata con grande enfasi e con sostegni sedicenti "autorevoli"
come quello di Pietro Cappellari, guarda caso lo stesso che il 17 agosto, nel contesto dell'Estate Leonessana, organizzata dal Comune, ha presentato il libro Albo dei Caduti e Dispersi della Rsi di Artuto Conti. Cappellari non è un docente universitario né collabora con strutture scientifiche di ricerca: è un socio di una associazione privata che si autodefinisce Isituto storico della Rsi, che si prefigge di conservare e tramandare la storia e le idee della Rsi. Insomma, non è di certo il massimo per imparzialità ricerca scientifica. Strana questa destra leonessana. Mesi fa presentammo un progetto di legge regionale per istituire a Leonessa un "Parco della Memoria", dedicato alle stragi nazifasciste avvenute in quel territorio. L'allora sindaco Trancassini, non rispose neanche al nostro appello, né intervenne alla presentazione del progetto. Oggi lo ritroviamo al fianco di Cappellari a chiedere a gran voce verità alla storia. Calma,camerata Trancassini, calma. La storia è un'altra cosa.
Roberto Lorenzetti, presidente provinciale Verdi


 

 

LA POLEMICA SUL RITROVAMENTO DELLE OSSA UMANE A LEONESSA   ("Il Tempo" 1 settembre 2004)
Trancassini a Lorenzetti: «Formulata solamente un’ipotesi»
di ALESSANDRA PASQUALOTTO

Non si ferma la polemica dopo il ritrovamento dei resti umani nel comune di Leonessa.
Partito all'attacco a suon di «Calma, camerata Trancassini» rivolto all'ex sindaco leonessano da Roberto Lorenzetti accusato, a detta dell'esponente dei Verdi provinciali, di aver voluto «riconoscere» di fatto l'appartenza di quelle ossa ad uomini della Repubblica Sociale fucilati nel 1944, ora al «compagno» risponde il chiamato in causa. «La prima immagine che ho avuta leggendo la nota di Lorenzetti - ribatte - è quella di un Lorenzetti versione Forattini. Fa riferimento ad eccidi oramai consegnati alla storia e predica la calma ma con preconcetti. Mi sento di dover precisare che durante la conferenza stampa ho parlato di approccio sereno e questo lo ribadisco. Le ossa ritrovate nel vallone leonessano ci riportano alla mente, esistendone testimonianze dirette, gli unici quattro dispersi proprio in quella zona e appartenenti alla Repubblica Sociale. Abbiamo formulato una ipotesi, forse è stato un regolamento di conti tra contadini. Ringrazio Lorenzetti per avermi citato e mi preme sottolineare che mentre con altri compagni erano impeganti a fare ricerche storiche, io e l'Amministrazione che ho rappresentato restituivamo, dopo decenni di incuria dei parolai da 25 aprile, dignità al monumento dei martiri di Leonessa spendendo decine di milioni senza il conforto di enti governati anche dai Verdi. Mi dispiace che parli del Parco della Memoria, per il quale a suo tempo ci dicemmo per vie informali di poter contare sul mio apporto personale. Esisteva fino ad oggi un rapporto personale e mi rimprovera di non essere calmo. È evidente che i Verdi sono orfani della polemica su quegli anni e di più della discriminazione sui morti. Sono calmo, compagno, tu prova ad essere sereno. So che è difficile, ma provaci».

 

Mercoledì 1 Settembre 2004  (Il "Messaggero")  
   
  Ossa ritrovate a Leonessa
  «Quei resti sono di quattro collaboratori dei tedeschi uccisi dai partigiani»
   
  di SERGIO SILVA

Non a guardie repubblichine, ma a quattro civili collaboratori dei tedeschi uccisi dai partigiani della brigata garibaldina ”Antonio Gramsci” potrebbero appartenere i resti trovati nei giorni scorsi presso i ruderi del castello di Fuscello. L’esecuzione avvenne due settimane dopo che si era consumata la grande azione di rappresaglia denominata “Uovo di Pasqua” nella primavera del 1944. E i loro nomi non sono mai emersi ufficialmente perché le famiglie non vollero legarsi per sempre a quell’episodio che insanguinò il dopoguerra reatino.
La tesi, in contrasto con quella sia pure solo ipotizzata dagli scopritori dei resti a Fuscello che ricordano il mistero sulla scomparsa di quattro appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana, nasce dalla lettura del diario del comandante partigiano Alfredo Filipponi.

 

Mercoledì 1 Settembre 2004   (Il "Messaggero")  
   
   
  LA POLEMICA
   
  Com’era prevedibile, il ritrovamento dei resti a Fuscello ha riaperto ferite mai del tutto rimarginate. Nonostante siano passati 60 anni, nonostante la pubblicazione di libri e saggi, nonostante la possibilità di accedere (finalmente) ad archivi e dossier, il quadro non è ancora chiaro relativamente a numerosi episodi, anche a proposito degli eccidi commessi dai nazifascisti che il Messaggero ha ripercorso in questi ultimi mesi, nell’anno del sessantennale, nel tentativo di non far dimenticare quelle pagine buie della storia sabina. La speranza è ora che il caso di Leonessa non si chiuda con lo scontro di pregiudizi, ma con il confronto di ipotesi storiche.

 

   

Mercoledì 1 Settembre 2004  (Il "Messaggero")  
   
   
  Così morirono i collaboratori dei nazisti
   
  Il diario del partigiano Filipponi: «Civili condannati dal nostro tribunale»
  di SERGIO SILVA


Gran parte della storia della Resistenza del Reatino deve essere ancora scritta. E allo stato attuale delle ricerche e delle testimonianze disponibili ci risulta addirittura difficile ipotizzare un ristesura tecnicamente attendibile, nel rispetto cioè della ricostruzione storica basata sui fatti, sulle testimonianze scritte o orali ma di prima mano.
Il ritrovamento delle ossa di quattro uomini presso le rovine del castello di Fuscello, nel territorio comunale di Leonessa riapre il ricordo, il dibattito e le ferite di quegli anni della Resistenza e della fine della guerra. In mancanza di elementi utili alla identificazione dei resti umani nei pressi della fossa sarà difficile dare un nome a quei morti, ma per noi è indispensabile spingerci verso la ricerca della verità, quella storica che non è mai di parte ma ricostruzione oggettiva delle vicende.
Ci siamo occupati nei mesi scorsi della rievocazione storica della Resistenza. Compito difficile per diversi motivi. Nell’ambito della microstoria ben poco è stato pubblicato.
E ciò che è disponibile è quasi sempre espressione della parte vittoriosa e quasi mai di quella perdente. Ed ancora. Oggi i testimoni delle vicende belliche rimasti in vita sono veramente pochi e sono restii a raccontare. La sindrome del sopravvissuto, seppur a distanza di ben sessant’anni, ancora domina i loro cuori e soprattutto le loro menti. La storia si costruisce sulle fonti. Nei mesi che seguirono la fine della guerra gran parte della documentazione ufficiale disponibile venne rapidamente distrutta nella duplice, folle, corsa al “si salvi chi può”: la paura della punizione per chi aveva aderito al regime, la rincorsa agli attestati o patentini di partigiano da coloro che aspiravano ad essere i protagonisti del giorno.
Furono in molti a saltare sul carro dei vincitori e la carta vincente era quella di rifarsi una verginità politica rapidamente e a tutti i costi. I Tedeschi e Repubblichini in fuga portarono con sé o distrussero gli archivi a loro disposizione. Un esempio, a conferma di ciò che andiamo argomentando, è il ritrovamento a Brescia, il 5 aprile del 1946 da parte della “polizia politica” della lettera del comandante della 116 Legione di Rieti Tenente Colonnello Arturo Bornoroni risalente a 4 aprile del 1944 rivolta al Comando generale della Guardia repubblicana e all’Ispettorato regionale del Lazio della Guardia con la quale il Comandante di Rieti relazionava ai rispettivi comandi l’azione svolta dalle proprie forze contro i partigiani operanti nella zona di Leonessa. Bisogna anche aggiungere che tra il 1943 e il ‘45 tutte le caserme territoriali dei carabinieri, guardia di finanza, forestale o polizia subirono i vari passaggi delle forze occupanti: i nazi-fascisti, i partigiani, gli alleati e localmente, nei giorni di anarchia, anche quella di facinorosi improvvisati del posto; e ogni nuovo inquilino trovava ben poco del predecessore. Ora, per dare inizio ad una ricostruzione storica è necessario sfrondarsi prima dei rancori e delle posizione di parte, politiche e partitiche (e ciò vale per ogni schieramento) poi cominciare a raccogliere le testimonianze orali e scritte disponibili. Sappiamo che molti sopravvissuti, specialmente fra i militari, hanno redatto proprie memorie sui fatti di cui furono protagonisti o testimoni. Oggi i familiari potrebbero recuperare quegli scritti e consegnarli, anche solo per una lettura o presa visione, ad una commissione di esperti nominata ad hoc e aperta ad ospitare varie figure professionali. Solo allora si potrà parlare di provare a riscrivere la storia bellica del Reatino.
Per adesso, sui fatti di Fuscello, restano quindi due versioni a confrontarsi, si spera senza che i pregiudizi politici distorcano le ricostruzioni: ricordiamo che i componenti della missione del Museo Demoantropologico che hanno scoperto i resti a Fuscello ricordano che all’appello di quei tragici giorni mancano quattro giovani appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana catturati a Poggio Bustone: si tratta di Felice Degli, Attilio Coretti, Vincenzo Francescucci e Alberto Guadagnoli. Nessuno ha mai saputo con esattezza dove furono uccisi una volta catturati a Poggio Bustone.

 

Mercoledì 1 Settembre 2004  (Il "Messaggero")  
   
  IL CASO
  Comincia a Morro la “rotabile” della morte
  Tra l’aprile e il giugno del 1944 sulla rotabile Morro-Leonessa avvennero numerosi fatti di guerra.
In un rapporto del 4 aprile ’44 il comandante della guardia nazionale repubblicana riferisce al comando politico romano che un reparto della guardia, per incarico del comando germanico, ha effettuato un accurato rastrellamento del vallone che da Morro Reatino porta a Leonessa catturando dieci elementi nascosti in caverne.
L’operazione di controllo precedeva la grande azione che avrebbe portato all’incendio di Poggio Bustone, all’occupazione di Leonessa e all’eccidio di Cumulata. La zona compresa tra Leonessa Morro e Arrone subì l’azione più pesante da parte delle truppe tedesche: una divisione di Alpenjaeger, diverse unità SS carriste, numerosi pezzi di artiglieria da 76 e da 120 e alcuni battaglioni della Guardia repubblicana.
I partigiani della Gramsci usavano la casa cantoniera del Fuscello come punto di ritrovo e di scambio di derrate alimentari e di armi per “la banda partigiana più forte della zona” (la definizione è del comando italo-tedesco di Rieti) i cui elementi si nascondevano facilmente nelle numerose grotte esistenti nella zona e si muovevano con relativa tranquillità e sicurezza grazie alle gallerie già esistenti sul territorio.
Il vicino monte La Pelosa fu teatro di numerosi scontri a fuoco tra partigiani e nazi-fascisti negli undici giorni di Pasqua.
S.S.